Ode alla follia. Ovvero: quando dai buoni propositi si passa all’integralismo

Bazzicando su Facebook – non lo uso MAI se non per farci quegli stupidissimi giochini, ma non Angry Birds! – e tenermi in contatto di tanto in tanto con amici che vivono all’estero e che mi costerebbe un rene chiamare al telefono – ho trovato l’ennesima riprova che l’integralismo è alla “vuelta de la esquina”, come direbbe uno spagnolo. “Girato l’angolo”, per dirlo a modo nostro.
Ma vediamo un po’ qualche definizione di “integralismo”:

Integralismo. Nell’accezione più generale del termine, qualsiasi atteggiamento orientato all’applicazione rigida e coerente, in ogni ambito di vita, dei principi derivati da una dottrina religiosa o ideologica.
(Enciclopedie on line – Treccani.it)

E ancora:

Integralismo s.m. [der. di integrale]. – In senso ampio, ogni concezione che, in campo politico (ma anche sociale, economico, culturale), tenda a promuovere un sistema unitario, ad abolire cioè una pluralità di ideologie e di programmi, sia appianando contrasti e divergenze tra gruppi contrapposti e conciliando tendenze ideologiche diverse, sia, al contrario, respingendo come non valide posizioni ideologiche e programmatiche differenti dalle proprie e rifiutando di conseguenza collaborazione e alleanze, o compromessi, con altre forze e correnti. Delle due diverse, e in certo modo antitetiche, interpretazioni del termine, sono esempio storico, da un lato, il movimento integralista dei socialisti italiani (detto anche unitarismo), attivo soprattutto all’inizio del Novecento, che tendeva all’unione delle opposte fazioni sindicalisto-rivoluzionaria e riformista, per una unificiazione delle ideologie e dei postulati programmatici; dall’altro, l’attegiamento degli integralisti cattolici che, negli successivi alla seconda guerra mondiale, affermavano la supremazia dell’ideale politico cristiano e l’esigenza che tutti gli aspetti della vita politica e sociale fossero ispirati ai principi della dottrina cristiana. Con sign. analogo al prec., è oggi più noto e attuale l’integralismo islamico, espressione con cui si definiscono l’insieme delle ideologie islamiche più radicali e dei gruppi che ad esse si rifanno, i quali, superando il dato specificamente religioso, mirano ad applicare rigorosamente i principi coranici alla sfera politica e più in generale mondana opponendosi, in forme soprattutto violente, a qualsiasi tentativo di superamento della tradizione.
(Vocabolario on line – Treccani.it)


Tenendo quindi a mente queste due definizioni, provate a leggere la notizia riportata dal blogger Marco Piazza: “Sindrome di Rett: gli animalisti bloccano la raccolta fondi”.

Sono sincera: non ho avuto il coraggio di andare a vedere cosa causa, questa dannata sindrome, ma il saperlo – in questo caso – non è determinante.
Non mi serve di sapere cosa sono costrette a sopportare le vittime – perchè di vittime si parla – di questa malattia per arrivare a capire che i così detti “animalisti” che si sono sentiti in dovere, tramite minacce più o meno velate e comportamenti – in genere – tutt’altro che civili, di boicottare la manifestazione citata nell’articolo, altro non sono che degli integralisti. Animalisti integralisti… te va, fa pure rima!

Io cerco di mettermi nei panni di questi signori, dico sul serio! Infondo, adoro gli animali – alcuni più di altri, ma non è forse così per tutti? – ma non posso, in tutta coscienza, mettere sullo stesso piano la vita di un animale e quella di un Uomo.
Non dipende da credenze religiose, nè da una erronea convinzione che l’Uomo sia l’essere più intelligente che vive su questo pianeta – sono fermamente convinta che i Delfini siano notevolemente più intelligenti di noi, per esempio – dipende solo dal fatto che, egoisticamente se vogliamo, mi fa più male vedere un bambino che soffre che una cavia di laboratorio che non sopravvive ai test.

Ma del resto, è così strano? Non si tratta forse di quell’empatia che quasi – e il quasi, ahimè, è d’obbligo – tutti sentiamo quando vediamo un nostro simile soffrire in modo finanche disumano?
Come si può, a fronte dell’esistenza di una malattia che causa sfraceli nel corpo e nella mente di bambine innocenti, negare a queste ultime la possibilità – magari remota, magari tanto distante nel tempo da far sì che chi ne è affetto adesso non vedrá mai la luce alla fine del tunnel – che si trovi una cura, o foss’anche solo un paliativo per i loro dolori?
E i genitori? Non hanno pensato, questi signori, ai genitori di queste malate, costretti a veder le figlie soffrire e patire giorno dopo giorno, sperando nella sperimentazione medica per poi vedersi negata anche questa da un branco di bifolchi ignoranti e stupidi?

E che dire poi degli altri integralisti animalisti, quelli che sono pure vegani – già, perchè mica tutti lo sono! – che di prodotti animali non vogliono vedere manco il latte?
Sì, proprio quelli che lascerebbero crepare una vacca – uso il termine corretto, come mi è stato insegnato alle superiori dalla professoressa di Zootecnica che diceva che “le mucche non esistono” – pur di non privarla del latte che ha prodotto. Mi piacerebbe tanto spiegare, a questi signori, che se non la si munge la vacca, alla fine, crepa e non ci si può far nulla.
Che poi, son gli stessi che scrivono perle stile “io proibirei di fare trasfusioni di sangue a tutti i non vegani”.
E così, dalla follia isterica, si passa direttamente all’omissione di soccorso e all’omicidio.

Ma io mi chiedo: ma tutta sta gente, ma nasce già così cogliona, lo diventa nel corso degli anni perchè ha preso qualche botta in testa di troppo oppure si è semplicemente fatta succhiare il cervello da uno zombie – animalista vegano anche lui, naturalmente! – di passaggio?

In conclusione: quando leggo queste notizie mi si rivolta lo stomaco, il sangue comincia a ribollirmi nelle vene e mi vergono, ogni volta di più, di far parte della stessa categoria, quella di “Esseri Umani”. Ma poi ci penso e mi dico che infondo, nonostante tutte le mie pecche e le mie mancanze, forse sono un po’ più Umana io di questi integralisti animalisti e di tutti i loro compari.