La UBISOFT e le sue “ragioni”

Per chi non lo sapesse, a Ottobre uscirà “Assassin’s Creed: Unity”, nuovo capitolo della saga di Assassin’s Creed a firma UBISOFT.
Ma non è questa la notizia di cui volevo scrivere: sono già passati diversi giorni da quando le dichiarazioni che riporterò sono state rilasciate, ma ho voluto prendermi del tempo per riflettere su come metter giù qualcosa al riguardo senza incappare in una sfilza di parolacce.

Ma veniamo al punto: chi conosce la saga di AC – e chi non la conosce, lo saprà se continuerà a leggere – sa che la UBISOFT ha già introdotto dei personaggi femminili giocanti nei Multiplayer, così come in Liberation, quindi vi potrete benissimo rendere conto da soli che non solo è una cosa fattibile, ma è una cosa che è già stata introdotta – non solo dalla UBISOFT, per altro.

Detto questo, non credo di sbagliare quando dico che molti di voi rimarranno sorpresi nel sapere che, nel multiplayer di AC:Unity, non ci sará un solo, singolo personaggio femminile giocante.

Alex Amancio

Alex Amancio

James Therien, direttore tecnico della Ubisoft, ha spiegato così la decisione presa dalla produzione: “Era nell’elenco delle cose da fare fino a non molto tempo fa, ma è una questione di focalizzazione e di produzione. Volevamo essere sicuri di creare la miglior esperienza possibile per il personaggio. Un personaggio femminiel avrebbe significato rifare un sacco di animazioni, un sacco di costumi. Avrebbe significato raddoppiare le ore di lavoro al riguardo. Voglio dire che è qualcosa che il team voleva, ma abbiamo dovuto prendere una decisione… È brutto, ma è la realtà del settore.
A questa dichiarazione, va aggiunta quella di Alex Amancio, direttore creativo della UBISOFT, che ha detto: “Si parla di raddoppiare le animazioni, le voci, oltre ai visual assets. Specialmente perchè abbiamo degli Assassini personalizzabili. Era davvero un sacco di lavoro extra.

ShepLoo/FemShep

John Shepard e Jane Shepard nelle loro versioni “standard” non personalizzate.

A questi signori, che si nascondono dietro la scusa del “era davvero un sacco di lavoro in più” – ( da notare che Jonathan Cooper, ex disegnatore per Assassin’s Creed, ha dichiarato che “stimerei il tutto in uno o due giorni di lavoro“, aggiungendo poi che Aveline de Grandpré, la protagonista di Assassin’s Creed: Liberation”, “ha più animazioni in comune con Connor Kenway di quante non ne abbia Edward Kenway“) – vorrei portare solo tre esempi: Knights of the Old Republic, Dragon Age e Mass Effect.
Queste tre saghe – tutte, senza eccezione – danno la possibilità al player di scegliere se giocare un personaggio femminile o uno maschile. Mass Effect, poi, ha implementato il Multiplayer nel terzo capitolo della saga che non solo da la possibilità di usare pg femminili, ma addirittura di usare pg femminili di altre razze che non siano quella Umana.

Com’è che la UBISOFT ha giudicato la cosa non fattibile allegando che “era davvero un sacco di lavoro in più” – e non poteva occuparsene nessuno dei 9, dicasi 9!!!, team che hanno provveduto allo sviluppo del gioco?! – quando la BioWare è riuscita a realizzare la cosa non una, non due, ma ben 7 volte,  (9, se contiamo il Multiplayer di Mass Effect 3 e Dragon Age: Inquisition che uscirà a Ottobre)?
Francamente, avrei apprezzato di più se avessero apertamente dichiarato: “per noi, avere un personaggio femminile è una porcata assurda perchè le donne non hanno spazio in questo mercato e sappiamo che gli uomini non sceglierebbero mai di giocare con un pg femmina, quindi non ne abbiamo messo manco uno.”
Sarebbe stato disgustoso, ma almeno onesto.

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Fumare fa male… ma viva il Monopolio!

Giusto pochi minuti fa, stavo controllando il listino AAMS dei prezzi dei tabacchi trinciati – quelli per farsi le sigarette, per chi non lo sapesse – per confermare il prezzo al chilo del mio tabacco.
Dato, però, che il sito dell’AAMS, (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) contiene tutta una serie d’informazioni, mi son messa a farci un giro dentro e, inevitabilmente, sono stata attirata da questa scritta: “Composizione del prezzo“.

Sapevo che le tasse sui prodotti di tabaccheria erano alte; quello che non sapevo era che fossero così alte!
Dopo aver letto le “spiegazioni”, infatti, son passata subito all’esempio, che riporto qui per dovere di cronaca, da considerarsi valente per un pacchetto di sigarette con un costo pari a 100, (giusto per poter far le percentuali!):
58,5 verranno versate nelle casse dell’erario a titolo di accisa
18 andranno, ugualmente, allo Stato per il pagamento dell’IVA
10 ricompenseranno il rivenditore
13,5 costituiranno l’incasso per il produttore.

Quello che più mi fa incavolare, in tutto questo, non è neanche l’esorbitante 76,5% di tasse da pagare, quanto il fatto che – come c’è scritto nel sito della stessa AAMS – “la quota di spettanza del produttore […] è residuale rispetto al prezzo scelto dal produttore medesimo”.
È come dire che arriva il bullo, a scuola, che ti frega i soldi che gli servono per la merenda e tu ti devi arrangiare con il resto.
Che poi, non dicevano mica che il fumo fa male? E allora? Devo pensare, viste le circostanze che:
a) allo Stato non gliene frega un beneamato cazzo della salute dei suoi cittadini, per cui ci guadagna sopra;
b) ci hanno sempre detto una marea di stronzate e il fumo non è così dannoso come dicono, per cui è meglio che si continuino a vendere i prodotti di tabaccheria, così siam tutti contenti… ma lo Stato è più contento di noi, perchè ci guadagna sopra.

A questo punto, sempre per dovere di cronaca, v’informo anche di quanto costa il mio tabacco, al chilo, e del perchè costa così tanto:
– Prezzo di vendita al pubblico, (al chilo): 180,00 €;
– Quota al fornitore: 24,24 €;
– Aggio al rivenditore: 18,00 €;
– IVA: 32,46 €;
– Accisa: 105,30 €;

Viste le cifre, non posso davvero fare a meno di pensare “che schifo”, perchè se anche il prezzo stabilito dal produttore fosse inferiore, le percentuali d’imposta non diminuirebbero, incidendo comunque nello stesso identico modo.
Quindi, va bene che i prezzi stanno crescendo a dismisura, ma perchè se io produttore stabilisco che un tabacco costa 180,00 € al chilo, devo incassarne solo 24,24 € lasciando allo Stato – tolta la percentuale spettante al rivenditore – il 76,53% di tasse?

Ma forse dovremmo metterci tutti nei panni dello Stato, per capire la dinamica della cosa: fumare fa male… ma viva il Monopolio!

Free to Play contro Pay to Win

Da un paio di giorni mi sono presa una pausa da Star Trek Online, (STO) – ormai c’è ben poco da fare, in attesa dell’arrivo della Season 9 a fine mese – e sono passata invece a dedicarmi a Neverwinter Nights Online, (NWN), (anch’esso della Cryptic, come STO) e mi sto rendendo conto, ancora una volta, di quanta differenza esista tra questi due giochi e Star Wars The Old Republic, (SWTOR).
Tutti e tre questi giochi sono degli MMORPG, (acronimo di Massively Multiplayer Online Role-playing Game) e tutti e tre, almeno stando alle definizioni date dalle case produttrici, dovrebbero essere dei “free to play” – ossia giochi che, pur essendo online, non richiedono necessariamente di un canone mensile per poter essere giocati.
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L’artista nascosto tra le pieghe di un attore

In questi anni in cui il “bravo attore” non è quello bravo per davvero, ma quello che piace per il suo aspetto fisico – e che solo per quello fa “vendere” – è facile dimenticarsi che il cinema è, di fatto, “la settima arte”.
Ormai sono pochi gli attori – uso il termine maschile, come vuole la grammatica italiana, per comprendere esponenti di ambo i sessi – che si elevano al di sopra dei loro colleghi non per la loro bellezza, ma per le loro capacità interpretative.
Il mondo del cinema, oggi, è popolato dai vari Brad Pitt, Daniel Craig e Russel Crowe del momento – così come la musica è afflitta dai fenomeni alla Justin Bieber – che oscurano tutto il resto… O meglio, tutti gli altri.
Sono i “grandi nomi” che ricevono la “pubblicità” che dovrebbe essere destinata non tanto a chi fa film più profondi – perchè il grande attore è grande anche quando recita ruoli ridicoli – quanto a chi è più bravo, professionalmente parlando.
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Mass Effect, una Missione Suicida… e Claudia Black

Ci siamo!
O meglio, c’eravamo: giusto oggi, infatti, ho finito la Suicide Mission di Mass Effect 2. La base dei Collettori è stata distrutta, the Illusive Man è rimasto con un pugno di mosche – Miranda e le sue dimissioni son sempre un piacere da guardare – e il Razziatore umano è stato distrutto.

Ma torniamo un po’ indietro, nel gioco. Più precisamente, alla missione loyalty di Tali, in cui Shepard deve difendere proprio Tali da delle infondate accuse: l’aver portato parti attive di Geth a bordo della Flotilla, (o Migrant Fleet, come preferite), mettendo così a rischio l’intera razza Quarian. Insomma, accuse di alto tradimento.
Confesso che, la prima volta che ho giocato ME 2, non mi ero accorda che Xen – Ammiraglio Quarian dalla morale decisamente discutibile – era doppiata da Claudia Black. Ero troppo presa da cercare di sbrogliare l’impiccio in cui è capitata la mia FemShep per conto di Tali.
Ma confesso anche che, da quando l’ho scoperto, non faccio altro che apprezzare la bravura di quest’attrice.
L’ho adorata in Stargate – voglio dire… Val Mal Doran! – per non parlare della grandissima Aerin Sun di Farscape, ma il suo lavoro come “voice actress” non è per niente da meno: Morrigan nel ciclo di Dragon Age, (e tornerà in Dragon Age: Inquisition! Non vedo l’ora!!), Xen e Aethyta in Mass Effect, Alyn Shin e la voce narrante in Kingdoms of Amalur: Reckoning.
Insomma, mi piace tanto quanto mi piace Jennifer Hale, (come dimenticare la sua interpretazione di Bastila Shan, in Knights of the Old Republic?!), ma forse anche un pochino di più… sará il suo accento, adorabile come quello di tutti gli australiani a mio parere, sará la sua capacità di rendere un personaggio con la sola voce, sará la sua evidente professionalità… non saprei dire con esattezza quale di questi fattori influisce di più in questo mio giudizio.
Sta di fatto che è un piacere ascoltarla, e vederla!, recitare e che non cambierei le sue interpretazioni per niente al mondo.

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Dei “reboots” e della loro utilità

Su www.fantascienza.com sta imperando, in questi ultimi giorni, una discussione piuttosto lunga su quale sarà il futuro dei Ghostbusters.
Nel caso non lo sappiate, si sta già progettando il 3º film della saga – nonostante la prematura morte di Harold Ramis, che nei due film della serie ha interpretato il dottor Egon Spengler – e una recente intervista rilasciata da Ivan Reitman, (produttore di entrambi i film attualmente esistenti), ha scatenato una sfilza di commenti su un punto importantissimo ma, almeno a mio parere, non assolutamente definito dall’intervista in questione: il 3º film sará un reboot oppure no?

Alcuni di voi potrebbero star chiedendosi: cos’è un reboot? Semplice! Non è altro che il nuovo inizio – per una saga – caratterizzato da una riscrittura totale o parziale degli eventi originali.

Ma non è di questo, nello specifico, che voglio parlare. Quest’ultima possibile aggiunta all’elenco delle saghe che hanno subito questa pratica mi ha semplicemente dato lo spunto per scrivere su un tema che m’infastidisce da anni, ormai.

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Galleria
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Cose che mi sono piaciute de “Lo Hobbit” di Peter Jackson (Parti 1 e 2) – 5/5

Con questo, concludo l’elenco delle cose che mi sono piaciute dei due film fin’ora usciti.
E cosa mai poteva essere, l’ultima cosa? Ma la Nuova Zelanda, naturalmente!
Se invece di girare i film tra i paesaggi neo zelandesi li avessero girati da qualsiasi altra parte, come sembrava potessero fare all’inizio, non sarebbe sicuramente stata la stessa cosa.
In questo, almeno, P.J. e compagnia hanno fatto la cosa giusta. In questo.

Ode alla follia. Ovvero: quando dai buoni propositi si passa all’integralismo

Bazzicando su Facebook – non lo uso MAI se non per farci quegli stupidissimi giochini, ma non Angry Birds! – e tenermi in contatto di tanto in tanto con amici che vivono all’estero e che mi costerebbe un rene chiamare al telefono – ho trovato l’ennesima riprova che l’integralismo è alla “vuelta de la esquina”, come direbbe uno spagnolo. “Girato l’angolo”, per dirlo a modo nostro.
Ma vediamo un po’ qualche definizione di “integralismo”:

Integralismo. Nell’accezione più generale del termine, qualsiasi atteggiamento orientato all’applicazione rigida e coerente, in ogni ambito di vita, dei principi derivati da una dottrina religiosa o ideologica.
(Enciclopedie on line – Treccani.it)

E ancora:

Integralismo s.m. [der. di integrale]. – In senso ampio, ogni concezione che, in campo politico (ma anche sociale, economico, culturale), tenda a promuovere un sistema unitario, ad abolire cioè una pluralità di ideologie e di programmi, sia appianando contrasti e divergenze tra gruppi contrapposti e conciliando tendenze ideologiche diverse, sia, al contrario, respingendo come non valide posizioni ideologiche e programmatiche differenti dalle proprie e rifiutando di conseguenza collaborazione e alleanze, o compromessi, con altre forze e correnti. Delle due diverse, e in certo modo antitetiche, interpretazioni del termine, sono esempio storico, da un lato, il movimento integralista dei socialisti italiani (detto anche unitarismo), attivo soprattutto all’inizio del Novecento, che tendeva all’unione delle opposte fazioni sindicalisto-rivoluzionaria e riformista, per una unificiazione delle ideologie e dei postulati programmatici; dall’altro, l’attegiamento degli integralisti cattolici che, negli successivi alla seconda guerra mondiale, affermavano la supremazia dell’ideale politico cristiano e l’esigenza che tutti gli aspetti della vita politica e sociale fossero ispirati ai principi della dottrina cristiana. Con sign. analogo al prec., è oggi più noto e attuale l’integralismo islamico, espressione con cui si definiscono l’insieme delle ideologie islamiche più radicali e dei gruppi che ad esse si rifanno, i quali, superando il dato specificamente religioso, mirano ad applicare rigorosamente i principi coranici alla sfera politica e più in generale mondana opponendosi, in forme soprattutto violente, a qualsiasi tentativo di superamento della tradizione.
(Vocabolario on line – Treccani.it)

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Cose che mi sono piaciute de “Lo Hobbit” di Peter Jackson (Parte 1 e 2) – 4/5

(The Hobbit: An Unexpected Journey – Original Soundtrack)

(The Hobbit: The Desolation of Smaug – Original Soundtrack)

La colonna sonora ad opera, anche questa come quella del “Signore degli Anelli”, di Howard Shore. Benchè i temi veramente originali siano pochi – la maggior parte, da quello che ho potuto sentire, sono ripresi da quelli di iSDA – Shore ha fatto come al solito un gran bel lavoro. Quindi, musicalmente parlando, entrambi i film per me sono perfetti. Musicamente parlando!

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Cose che mi son piaciute de “Lo Hobbit” di Peter Jackson (Parti 1 e 2) – 3/5

Smaug cerca Bilbo

Smaug. Nella gif qui sopra lo vediamo mentre cerca Bilbo, all’interno del salone dei tesori di Erebor. Devo anche fare i complimenti a Benedict Cumberbatch – che, per chi non lo sapesse, è colui che doppia Smaug in inglese – perchè ha fatto, almeno a mio personalissimo giudizio, un lavoro eccezionale. Ho apprezzato molto non solo la realizzazione del drago in digitale e la voce che gli è stata data, ma anche i dialoghi tra lui e Bilbo, (anche quelli con Thorin non sono niente male, ma sono molto più brevi e meno incisivi, se vogliamo, di quelli scambiati tra Smaug e Bilbo).